LA CATTIVA SCUOLA CHE DA I VOTI AI SUOI BAMBINI
di Paolo Repetto
Il maestro Franco Lorenzoni insegna da 38 anni e il titolo di uno dei suoi libri introduce in due parole il suo pensiero: I bambinin pensano grande (Sellerio editore).nnOggi Internazionale ha pubblicato un suo pezzo, che descrive l’inutilità dell’epidemia valutativa che pervade le scuole italiane, a cominciare dalle elementari.Scrive Lorenzoni: “Insegno nella scuola elementare da 38 anni e continuo a domandarmi come sia concepibile affibbiare a un bambino un voto in geografia, italiano o matematica nei primi anni di scuola. A chi stiamo dando quel voto? Al grado di istruzione della sua famiglia? Al grado di ascolto che hanno avuto le sue prime parole a casa. Alle esperienze che ha avuto la fortuna di fare. Al destino che ha fatto giungere proprio qui la sua famiglia da campagne analfabete o dalle periferie di qualche megalopoli africana o asiatica? Sono convinto che quei voti non abbiano alcuna giustificazione e non contengano alcun valore pedagogico. Eppure un peso ce l’hanno, eccome! È a partire da quei primi voti, attesi da casa con sempre maggiore trepidazione, che la bambina o il bambino comincerà a scivolare e collocarsi, come la pallina di una roulette, dentro alla casella data da una classifica arbitraria di presunti meriti, che aumenteranno o avviliranno grandemente la sua fiducia in se stesso (…).”Diversità è bellezza può essere un bello slogan, ma rischia facilmente di scivolare nella retorica se non ci diciamo quanto la convivenza tra diversi comporti fatica, lavoro, impegno e una grandissima creatività nel sapere affrontare giorno per giorno difficoltà di ogni genere, che non provengono solo dalla presenza di tante e diverse lingue e culture, ma da molteplici difficoltà familiari che si riversano nella scuola. La quantità di sofferenze e insofferenze di ogni genere, portate nella scuola da bambine e bambini, sono infatti in continuo aumento. Di fronte a questa sfida culturale, di cui troppo pochi si assumono la portata politica, la scuola appare fragile, talvolta si richiude innse stessa e sembra investita da una sorta di epidemia valutativa. Assistiamo alnparadosso di ore e ore di corsi dedicati alla valutazione degli apprendimenti enall’attestazione delle competenze, senza un’equivalente impegno a dar vita ensperimentare contesti capaci di costruire le competenze, valorizzandonconoscenze ed esperienze diverse che i bambini covano in se stessi”.